Un approccio multidisciplinare ha permesso di stimare la probabilità del ripetersi
di esplosioni più intense dello Stromboli dopo che una di esse è avvenuta

ROMA – Stromboli, il “faro del Mediterraneo”, è un vulcano famoso per la sua attività esplosiva di bassa energia e persistente, nota proprio col nome di attività stromboliana.

Questa caratteristica è da sempre una forte attrazione per i visitatori e per i vulcanologi di tutto il mondo.


Tuttavia, occasionalmente – come recentemente avvenuto il 3 luglio e 28 agosto 2019 –
si verificano esplosioni più intense ed improvvise che possono rappresentare un grave pericolo, i cosiddetti “parossismi stromboliani”.

Già descritti dal geologo Giuseppe Mercalli all’inizio del secolo scorso, durante questi eventi sono coinvolti
simultaneamente più crateri e vengono eruttati volumi più elevati di materiali piroclastici.


L’obiettivo dello studio “Major explosions and paroxysms at Stromboli (Italy): a new historical catalog and temporal models of occurrence with uncertainty quantification”,
appena pubblicato sulla rivista ‘Scientific Reports’ di Nature, è stato stimare le frequenze di accadimento dei parossismi stromboliani e verificare se il vulcano avesse una sua
“memoria”, ovvero se era possibile individuare una ricorrenza statistica tra un’eruzione parossistica e la successiva.

Ha quindi cercato di rispondere alle domande “quanto sono
probabili questi fenomeni esplosivi più violenti?” e “quanto diventano più probabili dopo che uno di essi è avvenuto, e per quanto tempo?”


Per rispondere a queste domande, un team di ricercatori dell’Istituto Nazionale di
Geofisica e Vulcanologia (INGV) e dell’Università di Bristol (UK) ha elaborato un nuovo catalogo nel quale vengono descritti 180 eventi esplosivi violenti di varia scala accaduti
a Stromboli dal 1879 al 2020.

In particolare, 36 dei 180 eventi esplosivi censiti sono
parossismi, analoghi a quelli dell’estate 2019. Per questo studio, i ricercatori hanno valutato in maniera critica eventi descritti in lavori scientifici del passato e informazioni riportate in testi storici e narrativi, determinando,
su basi oggettive ed omogenee, il tipo e l’intensità della attività esplosiva indipendentemente dall’enfasi dei racconti.


“Il nuovo catalogo che abbiamo messo a punto”, spiega Massimo Pompilio, primo
ricercatore dell’INGV e coautore dello studio, “ha permesso di rivedere la classificazione
di numerosi eventi attraverso l’analisi critica delle fonti storiche. Dall’analisi emerge che il
tasso annuale medio dei parossismi degli ultimi 140 anni è stato di 0.26 eventi/anno, ovvero un evento ogni 4 anni circa. Questo tasso è vicino a quello calcolato negli ultimi dieci anni, ma molto inferiore a quello raggiunto negli anni ’40 del secolo scorso, quando questi eventi parossistici erano assai più frequenti. Il vulcano alterna quindi periodi di attività intensa e periodi di relativa quiete”.

“Il breve lasso di tempo di 56 giorni osservatofra i due parossismi dell’estate 2019”, continua Massimo Pompilio, “non ѐ quindi una situazione rara.

Per ben cinque volte negli ultimi 140 anni ci sono stati tempi inter-evento ancora più brevi. Viceversa, ci sono stati quattro periodi senza parossismi lunghi dai 9 ai 15 anni, ed un intervallo senza gli stessi che si è protratto addirittura per 44 anni, dal 1959 al 2003”.


Queste informazioni sono anche utili in un contesto previsionale, ovvero per stimare le probabilità di accadimento futuro di questi fenomeni.

Andrea Bevilacqua, ricercatore INGV e primo autore dello studio spiega: “Quando un fenomeno, come un’esplosione vulcanica si verifica a intervalli irregolari nel tempo, quello
che si studia è la distribuzione dei ‘tempi di inter-evento, ossia dei tempi intercorsi in passato fra un’esplosione e quella successiva.

In particolare lo sviluppo dei modelli di interevento ci permette di calcolare la probabilità di accadimento di una esplosione in funzione del tempo trascorso dall’ultimo evento di quel tipo.

Una importante evidenza emersa dalla nostra ricerca riguarda la tendenza dei parossismi a verificarsi in gruppi.

Sempre sulla base dei dati degli ultimi 140 anni, abbiamo stimato che esiste il 50% di probabilità che un parossisma si verifichi entro dodici mesi dal precedente e il 20% di probabilità che lo segua in meno di due mesi; d’altro canto esiste anche un 10% di probabilità che trascorrano oltre
dieci anni senza che si verifichino altri parossismi”.


Una “memoria” del vulcano del tutto simile, seppur con stime di accadimento diverse, emerge considerando, insieme ai parossismi, anche le cosiddette “esplosioni maggiori”,
esplosioni più frequenti dei parossismi ma dotate di minor energia e pericolosità.


“Questo studio ha mostrato come, in termini di occorrenza dei fenomeni esplosivi più violenti dell’ordinario, lo Stromboli stia attraversando, negli ultimi anni, una delle fasi di attività più intense della sua storia recente”, conclude Augusto Neri, Direttore del Dipartimento Vulcani dell’INGV e coautore dello studio.

“La stima della ‘memoria dell’attività esplosiva più intensa dello Stromboli potrà dare un significativo contributo
alla quantificazione della pericolosità di questi fenomeni e, di conseguenza, alla riduzione del rischio associato.

Inoltre, l’analisi dei dati suggerisce l’esistenza di un processo fisico che in qualche misura influenza la frequenza delle esplosioni del vulcano rendendole eventi
eruttivi non completamente casuali.

Capire le ragioni e i meccanismi fisici che determinano
questa memoria rappresenta un’ulteriore sfida scientifica”.
La ricerca pubblicata ha una valenza essenzialmente scientifica, priva al momento di immediate implicazioni in merito agli aspetti di protezione civile