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L’INGV per la Giornata Internazionale delle Donne e delle Ragazze nella Scienza 2021

MILANO – Anche quest’anno l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) celebra la Giornata Internazionale delle Donne e Ragazze nella Scienza istituita dall’ONU e nata per riconoscere il ruolo fondamentale che le donne e le ragazze svolgono nella scienza e nella tecnologia.

Per la promozione della Giornata, gli eventi dell’INGV – tutti online – sono:14 ricercatrici dell’Istituto raccontano la loro storia di donne scienziate e le attività in cui sono impegnate. 

L’INGV per la Giornata Internazionale delle Donne e delle Ragazze nella Scienza 2021

Altri racconti di scienziate INGV sono contenuti nell’evento del Center of Excellence in Solid Earth (ChEESE) per oggi ’11 febbraio.

Gaia, una giovane geologa, racconta la sua passione per la scienza e ci narra la vita e le scoperte di alcune donne che hanno fatto la storia nelle Scienze della Terra.

La storia di Gaia

L’evento on-line “Anche la cancellazione è violenza: storie di donne di Scienza” per valorizzare il contributo che le donne hanno dato alla disciplina delle Scienze della Terra, raccogliendo in una mostra una serie di biografie femminili cancellate dai libri di scuola, contro gli stereotipi creati da una passata cultura sociale.  

L’evento qui -> Anche la cancellazione è violenza: storie di donne di Scienza

Hanno partecipato alla creazione degli eventi dell’INGV le sedi di:

BOLOGNA
CATANIA, Osservatorio Etneo

MILANO
NAPOLI, Osservatorio Vesuviano

PISA
PORTOVENERE ROMA

Il veloce viaggio del Polo Nord magnetico verso la Siberia misurato con i satelliti europei Swarm

ROMA – Confermata la corsa del polo magnetico nord verso la Siberia attraverso le osservazioni dei
satelliti europei Swarm. Lo studio dell’INGV, appena pubblicato sulla prestigiosa rivista
americana Journal of Geophysical Research, ne illustra i particolari

“I tre satelliti Swarm”, afferma Domenico Di Mauro, ricercatore dell’INGV e autore dello
studio, “sin dal loro lancio nel 2013, compiono orbite quasi polari in circa 95 minuti. In 24
ore effettuano 15 giri intorno alla sfera terrestre raccogliendo, così, informazioni sulla
morfologia e sulla intensità del campo magnetico con strumenti di altissima precisione e
restituendo misure con una risoluzione ed una copertura spazio-temporale mai raggiunte
prima. Un’opportunità che noi ricercatori dell’INGV operanti nell’ambito del geomagnetismo
non potevamo farci sfuggire: abbiamo così determinato, aggiornandola, la posizione dei poli
magnetici come se la misura fosse raccolta a terra. Per far ciò, abbiamo messo a punto
procedure ed algoritmi per proiettare i dati raccolti in quota sulla superficie terrestre,
un’analisi realizzata per la prima volta nell’era dell’esplorazione del nostro pianeta dallo
Spazio”.

“I risultati”, aggiunge Mauro Regi, ricercatore dell’INGV e primo autore dello studio, “in
accordo con l’attuale 13esima generazione del modello internazionale di riferimento del
campo geomagnetico (IGRF), hanno la prerogativa di restituire un’informazione immediata
e diretta da osservazioni sperimentali. Entrambi i poli magnetici si muovono in direzione
nord-ovest ma mentre il polo nord si muove alla velocità di circa 37-72 km all’anno (con una
lieve diminuzione nell’anno 2016), la velocità del polo sud è di circa 5-9 km all’anno. Dalle
nostre analisi, quindi, il polo nord magnetico ha abbandonato i territori settentrionali del
Canada e si dirige verso la Siberia, mentre il polo sud magnetico si muove più lentamente
verso l’oceano aperto, dal settore antartico che ospita la stazione francese Dumont
D’Urville”.

INGV : Augusto Neri eletto Fellow dell’American Geophysical Union

ROMA – Il Direttore del Dipartimento Vulcani dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), Augusto Neri, è stato nominato membro della 2020 Class of Fellows dell’American Geophysical Union (AGU). Il riconoscimento è stato assegnato durante la Conferenza annuale (online).

L’AGU è una delle principali organizzazioni di studiosi delle geoscienze e conta oltre 62.000 membri di 144 nazioni.

La prestigiosa nomina viene assegnata per contributi scientifici eccezionali nelle Scienze della Terra e dello Spazio realizzati attraverso scoperte o innovazioni nelle proprie discipline. Dal 1962, meno dello 0,1% dei membri dell’AGU sono entrati a far parte di questo rinomato gruppo.

Ad Augusto Neri è stato anche assegnato il 2020 Gilbert F. White Distinguished Award and Lecture da parte della Sezione Rischi Naturali della stessa AGU. Augusto Neri ha concentrato la sua attività di ricerca nello sviluppo e applicazione di modelli fisico-matematici dei processi vulcanici, con particolare attenzione alla dinamica delle eruzioni esplosive.

I fenomeni maggiormente studiati sono stati colonne e getti vulcanichi, flussi piroclastici, blast, eruzioni Vulcaniane, dispersione di ceneri e risalita del magma nei condotti vulcanici. Insieme ai suoi collaboratori, Augusto Neri ha inoltre sviluppato modelli quantitativi che sono stati applicati alla stima della pericolosità di vulcani attivi sia italiani (Vesuvio, Campi Flegrei, Etna, Stromboli) sia esteri (Mt.St.Helens, Soufriére Hills Montserrat, La Soufriére di Guadeloupe, Eyjafjallajokull, Santorini, ecc.), nonché utilizzati per la stima dell’impatto dei fenomeni vulcanici a supporto delle azioni di mitigazione del rischio.

Laureato in Ingegneria chimica all’Università di Pisa, ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Illinois Institute of Technology di Chicago. Dopo aver svolto studi presso l’Istituto Nazionale di Geofisica, l’Università di Pisa, e il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), è stato Primo Ricercatore al CNR di Pisa e dal 2003 è Dirigente di Ricerca in Fisica del vulcanismo presso l’INGV.

Maggiori informazioni sono disponibili ai seguenti link: https://eos.org/agu-news/2020-class-of-agu-fellows-announced https://eos.org/agu-news/2020-agu-section-awardees-and-named-lecturers?utm_source=eos&utm_medium=email&utm_term=sections&utm_campaign=093020

New Space Economy, l’INGV partecipa alla nuova edizione dell’Expo-Forum Europeo – Un appuntamento digitale per parlare di New Space Economy: l’INGV partecipa alla nuova edizione del Forum Europeo con uno stand virtuale per illustrare i suoi principali settori di attività basati sull’analisi dei dati spaziali

ROMA – Anche quest’anno l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia partecipa, l’11 e 12 dicembre 2020, all’Expo-Forum Europeo sulla New Space Economy (NSE). Questa seconda edizione sarà interamente digitale e l’INGV è rappresentato da uno stand virtuale per illustrare i suoi principali settori di attività basati sull’analisi dei dati spaziali integrati con le misure effettuate da sistemi a terra, permettendo di fare ricerca di avanguardia su temi legati a terremoti, vulcani e ambiente. La registrazione è gratuita.

Il pubblico potrà seguire seminari e scaricare materiale informativo: presso il “Virtual Booth” il personale dell’Istituto illustrerà le principali attività di ricerca e servizio basate sulle analisi dei dati spaziali in cui è coinvolto

L’INGV presenta le attività raggruppate in cinque settori strategici:

Galileo, che tramite dei dati di navigazione e posizionamento satellitare consente all’Istituto di fornire dati e servizi per scopi di geodesia, studio e monitoraggio del territorio, posizionamento di precisione e per la mitigazione degli effetti della meteorologia spaziale, in particolare per l’aviazione civile;

COPERNICUS, programma di Osservazione della Terra finanziato dalla Commissione Europea per generare prodotti usati per monitorare e conoscere meglio i fenomeni naturali del nostro Pianeta;

missioni satellitari, tra cui la missione spaziale iperspettrale ASI-PRISMA, per le quali l’INGV lavora allo sviluppo di sensori di prossima generazione per l’Osservazione della Terra;

supporto ai servizi e dati spaziali mediante lo sviluppo e il mantenimento di reti di monitoraggio su scala regionale, in Italia e nel Mediterraneo, e su scala globale in grado di fornire in tempo reale parametri e osservazioni geofisiche necessari per la validazione dei dati spaziali;

sviluppo di start-up e tecnologie innovative, come lo spin-off SpacEarth Technology, che, nel tempo, ha portato a vari brevetti nell’ambito delle applicazioni spaziali, mostrando le potenziali applicazioni nell’aviazione, nell’agricoltura di precisione, nella navigazione marittima e nelle telecomunicazioni.

L’Expo-Forum è organizzato dalla Fondazione Amaldi e da Fiera Roma in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI).

Programma dei seminari INGV

Flyers divulgativi sulle attività dell’INGV

Registrazione all’evento0 

Presentato da INGV “Irpinia80 – Viaggio nella terra che resiste”, realizzato in occasione del 40° anniversario del terremoto del 23 novembre 1980. (Video )

ROMA – Protagonista di questo viaggio è una terra, l’Irpinia, che resiste pur mostrando ancora oggi i segni indelebili di quelle ferite.


Le donne e gli uomini protagonisti di questa enorme tragedia, cittadini, istituzioni e scienziati che hanno vissuto in prima persona gli eventi di quarant’anni fa, sono le voci narranti di questo docufilm e raccontano come le loro vite siano cambiate, sconvolte da questo tragico spartiacque.

 
Un omaggio ai protagonisti ma anche a chi, dallo studio di quel terremoto, ha saputo sviluppare negli anni una conoscenza sempre più approfondita del fenomeno per comprendere meglio la sismicità del nostro territorio e mitigare i rischi ad essa associati.

23 novembre 1980, l’INGV in un viaggio dal passato al futuro della ricerca scientifica con un sito web dedicato e la proiezione del film

“Irpinia80 – Viaggio nella terra che resiste”

ROMAA quarant’anni dal terremoto del 23 novembre 1980, l’INGV lancia il sito terremoto80.ingv.it e organizza un fitto programma con tavole rotonde, tra scienza, memorie e testimonianza.

Alle 19,34 del 23 novembre, la prima visione del docufilm

“Irpinia80 – Viaggio nella terra che resiste”.

Il 23 novembre del 1980 era domenica e fino al tardo pomeriggio non era accaduto nulla di particolare in Italia.

Per la terra irpina e lucana, però, il destino aveva riservato un evento storico.

Drammatico. Distruttivo.

Alle 19:34 un terremoto di magnitudo 6.9 scuoteva la Campania e la Basilicata causando danni inimmaginabili e migliaia di vittime.

La terra, gli abitanti, la scienza e i protagonisti della ricerca del tempo si incontrano in un programma articolato su tre giorni, 23, 24 novembre e 27 novembre 2020, organizzato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, in collaborazione con il Dipartimento per le Politiche Giovanili e il Servizio Civile Universale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’Università La Sapienza di Roma, l’Università Federico II di Napoli, la Provincia di Avellino, il Comune di Sant’Angelo dei Lombardi e l’Osservatorio sul Doposisma della Fondazione MIdA.

Per l’occasione l’INGV lancia il sito

1980_2020, terremoto 80_scienza_memoria_testimonianza”,

interamente dedicato al terremoto e ricco di informazioni, dove i visitatori possono navigare tra le memorie, le schede scientifiche, le story maps e molto altro al link:

terremoto80.ingv.it

Questi gli appuntamenti previsti, tutti online, per raccontare l’evento, insieme con il pubblico:

Ø lunedì 23 novembre, dalle 17:00 alle 19:30

Tavola rotonda

Il terremoto del 23 novembre 1980 | La ricerca, il monitoraggio, la comunicazione scientifica.

In un percorso tra passato, presente e futuro, i ricercatori si confronteranno sulle conoscenze dell’epoca e sul contributo che il terremoto del 1980 ha offerto alla conoscenza scientifica odierna.

Link http://terremoto80.ingv.it/diretta_23nov/

Ø lunedì 23 novembre, dalle 19:34:

Première del DocuFilm dell’INGV

“Irpinia80 – Viaggio nella terra che resiste”.

Un lungo filo rosso attraversa i luoghi colpiti al cuore dal terremoto del 23 novembre 1980.

Protagonista di questo viaggio è una terra, l’Irpinia, che resiste pur mostrando ancora oggi i segni indelebili di quelle ferite.

Le donne e gli uomini protagonisti di questa enorme tragedia, i cittadini, le istituzioni e gli scienziati che hanno vissuto in prima persona gli eventi di quarant’anni fa, sono le voci narranti  di questo docufilm e raccontano come le loro vite siano cambiate, sconvolte da questo tragico spartiacque.

Un omaggio ai protagonisti ma anche a chi, dallo studio di quel terremoto, ha saputo sviluppare negli anni una conoscenza sempre più approfondita del fenomeno per comprendere meglio la sismicità del nostro territorio e mitigare i rischi ad essa associati.

Il DocuFilm sarà online sul canale

YouTube INGV Comunicazione Social e sul sito terremoto80.ingv.it

Ø martedì 24 novembre, dalle 17:00 alle 19:00

Tavola rotonda

Il terremoto del 23 novembre 1980 |  Storia, Economia, Stato, Comunicazione e Protezione Civile.

Cosa succederebbe se quel terremoto avvenisse oggi nelle stesse zone? Cosa si può fare perché lo Stato faccia di più per la prevenzione?

Ne parlano esperti di protezione civile, sismologi, storici, psicologi e politici.

Link http://terremoto80.ingv.it/diretta_24nov/

Ø venerdì 27 novembre, dalle 17:00 alle 19:00

Tavola rotonda

Memoria e testimonianze

Ampio spazio alle testimonianze e alle memorie con la presentazione del libro “Storia di una ricostruzione” di Stefano Ventura, accompagnata dallo spettacolo “Il fulmine della Terra” di Mirko De Martino.

Link http://terremoto80.ingv.it/diretta_27nov/ 

PACE il software che sostituisce la TAC

Attraverso la rielaborazione di un software nato per il monitoraggio della crosta terrestre, i ricercatori sono giunti a svilupparne un tipo in grado di rielaborare le immagini delle radiografie in immagini TAC.

ROMA – Lo sviluppo della ricerca e delle alte tecnologie realizzato dall’INGV trova applicazione anche in molte altre branche della ricerca scientifica. È il caso dello studio “Pipeline for Advanced Contrast Enhancement (PACE) of Chest X-ray in Evaluating COVID-19 Patients by Combining Bidimensional Empirical Mode Decomposition and Contrast Limited Adaptive Histogram Equalization (CLAHE)” recentemente pubblicato sulla rivista ‘Sustainability’ di MDPI, condotto in collaborazione con l’Università di Messina e l’Università di Catania, per lo sviluppo di un applicativo software chiamato “PACE” prodotto per offrire un importantissimo supporto ai radiologi nella diagnosi e nella cura delle patologie polmonari gravi come quelle causate dal COVID-19.

Infatti, è venuta in aiuto alla diagnostica per immagini applicata ai pazienti affetti da patologie polmonari quella normalmente utilizzata dall’INGV per caratterizzare lo “stato di salute” della crosta terrestre.

L’analogia tra l’interno della Terra e interno dei polmoni può apparire alquanto audace”, afferma Massimo Chiappini, ricercatore dell’INGV e coautore dell’iniziativa. “Tuttavia questa ricerca nasce proprio dall’intuizione di utilizzare su immagini mediche le stesse tecniche di trattamento delle immagini che utilizziamo normalmente per la rappresentazione del sottosuolo nelle aree soggette a rischio sismico, vulcanico o ambientale”.

È noto infatti che per i pazienti affetti da gravi patologie polmonari come, negli ultimi tempi il COVID-19, la valutazione radiologica di lesioni polmonari è indispensabile sia per il monitoraggio dell’evoluzione della malattia sia per valutare la risposta alle specifiche terapie. Tuttavia, quest’attività è resa complessa dal fatto che i pazienti, specialmente nelle fasi acute della malattia, non sono collaborativi e/o si trovano in terapia intensiva. In tali situazioni, inoltre, i radiogrammi sono effettuati spesso con strumenti radiografici portatili che, spesso, producono immagini artefatte che ne riducono la leggibilità.

Pertanto, il software PACE, sviluppato dal team multidisciplinare dei ricercatori dell’INGV, dell’Università di Messina (guidato dal prof. Giovanni Finocchio del Dipartimento di Scienze Matematiche e Informatiche, Scienze Fisiche e Scienze della Terra (MIFT) e dal prof. Giuseppe Cicero del Dipartimento di Scienze biomediche, odontoiatriche e delle immagini morfologiche e funzionali) e dell’Università di Catania (guidato dai proff.i Giulio Siracusano e Aurelio La Corte), è stato ideato per risolvere questi problemi di rappresentazione grafica ottimizzando al massimo il contrasto delle immagini radiografiche del torace.

Ad oggi, vista l’urgenza, i medici l’hanno applicato alle immagini raccolte sui pazienti COVID-19 del Policlinico Universitario “G. Martino” di Messina: con PACE è migliorata significativamente la lettura del radiogramma da parte del radiologo. L’algoritmo, infatti, combina lo stato dell’arte di applicativi numerici di elaborazione delle immagini, quali la decomposizione empirica bi-dimensionale, il filtro omomorfico e l’equalizzazione adattiva dell’istogramma in modo opportuno.

Dal punto di vista clinico” – afferma il prof. Gaeta del Dipartimento di Scienze biomediche, odontoiatriche e delle immagini morfologiche e funzionali dell’Ateneo di Messina, “è stato fondamentale verificare che le informazioni aggiuntive prodotte da PACE fossero reali. Per far questo, sono state effettuate e confrontate congiuntamente le radiografie del torace e quelle delle TAC tradizionali: il grande successo è stato quello di verificare che le lesioni aggiuntive che il software PACE rilevava nelle semplici immagini radiografiche fossero tutte confermate dalle TAC”.

La ricaduta del software ideato da INGV e dalle Università siciliane è rilevantissima in ambito sociale” afferma Massimo Chiappini.  “Tra i vantaggi, infatti, oltre la evidente riduzione dei costi e di tempi derivante dalla non indispensabilità dei macchinari per la TAC per avere identici risultati diagnostici utili, con l’uso di PACE è sufficiente effettuare un solo intervento sul paziente per l’esame radiografico con un minor rischio di diffusione di malattie virali anche tra gli operatori sanitari come nel caso del COVID-19. Inoltre, questa tecnologia offre la possibilità di applicarla anche in condizioni limite dove l’accesso alla diagnostica TAC non è agevole sia per l’alto numero di degenti interessati sia per i costi della macchina stessa che, nelle aree economicamente poco sviluppate, quali l’Africa ed il Sud America, rappresenta una strumentazione proibitiva”.   

Dato l’alto interesse riscontrato in ambito medico, tutti i risultati della ricerca sono a stati messi a disposizione della comunità scientifica liberamente.

2024: ci sarà un terremoto di magnitudo 6 a Parkfield in California?

PARKFIELDUno studio congiunto del Cnr-Iac e dell’Ingv prevede un possibile terremoto di magnitudo 6 tra poco più di tre anni presso la cittadina di Parkfield in California, grazie all’analisi dell’evoluzione dell’attività sismica di un segmento della faglia di San Andreas. La metodologia proposta ha permesso di prevedere (retrospettivamente) con accuratezza il tempo di occorrenza del terremoto avvenuto nel sito nel 2004. La predittività del metodo esposto nello studio diventa sempre maggiore all’avvicinarsi del momento in cui accadrà il terremoto di cui si sta tentando di prevedere il tempo di occorrenza

La collaborazione scientifica tra l’Istituto per le applicazioni del calcolo “Mauro Picone” del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iac) e l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), tramite rispettivamente i ricercatori Giovanni Sebastiani e Luca Malagnini, ha permesso di realizzare uno studio, pubblicato su Journal of Ecology & Natural Resources, che prevede nel 2024 un terremoto di magnitudo circa 6 presso la cittadina di Parkfield, situata lungo la faglia di San Andreas in California. In questo luogo, dal 1857 al 1966, sono avvenuti sei terremoti di magnitudo 6, ad intervalli di tempo quasi regolari, da 12 a 32 anni, con una media di circa 22 anni. Dal 1985 i geologi americani hanno installato nella zona una rete di strumenti molto avanzata, allo scopo di rilevare cosa accade prima di un evento sismico, al fine di prevedere futuri terremoti.

“Lo studio corrente ha riguardato l’evoluzione quotidiana negli ultimi cinquant’anni del baricentro dell’attività sismica presso Parkfield, all’interno del segmento della faglia di San Andreas responsabile della sismicità sopra descritta. In particolare, ci si è concentrati sulla quantificazione della variazione della posizione di tale baricentro, calcolata in un intervallo temporale di 150 giorni”, spiega Sebastiani del Cnr-Iac. “Muovendo questo intervallo nel tempo, di giorno in giorno, otteniamo una curva che descrive l’andamento della misura di tale variazione nel tempo. Il principio alla base della scelta di questa variabile è che un sistema instabile, in condizioni quasi critiche, mentre viene spinto fuori dal suo equilibrio cerca di riconfigurarsi in una condizione pseudo-stabile, e così facendo mostra una anormale variabilità nel tempo dei parametri che lo descrivono”.

La curva descritta mostra un andamento oscillante, con ampiezza dapprima crescente e poi decrescente, verso lo zero. “Ciclicamente, l’attività sismica sul segmento di faglia analizzato si disperde e si concentra, con un periodo di circa 3 anni, probabilmente legato al ciclo climatico siccità/piovosità”, chiarisce Malagnini dell’Ingv. “L’ampiezza spaziale entro la quale è possibile la dispersione della sismicità, inoltre, dapprima cresce in modo lineare, raggiunge un valore massimo e quindi decresce linearmente verso un valore minimo. Dal nostro studio si evince che il ciclo sismico è interamente contenuto entro il ciclo di crescita e decrescita appena descritto.

Analizzando i dati come se fossero raccolti in tempo reale, e fermandosi a cento giorni prima dell’ultimo terremoto del 2004, la metodologia ha permesso una esatta previsione retrospettiva del giorno del terremoto: 28 settembre 2004. Inoltre, l’analisi ha permesso di capire come l’ultimo evento importante di Parkfield, previsto erroneamente dagli scienziati dell’università di Berkeley nel periodo 1985-1993, sia invece avvenuto nel 2004: la causa del ritardo è una perturbazione meccanica subita dalla faglia di San Andreas, dovuta a un altro terremoto di magnitudo superiore a 6 accaduto su una faglia vicina, a Coalinga, nel 1983”.

La metodologia sviluppata da Sebastiani e Malagnini prevede che il prossimo terremoto di magnitudo 6 avverrà nel 2024 entro il segmento di Parkfield della faglia di San Andreas. I due ricercatori hanno mostrato che l’accuratezza predittiva del loro metodo diventa sempre maggiore mano a mano che ci si avvicina al momento in cui accadrà il terremoto di cui si sta tentando di prevedere il tempo di occorrenza. È quindi importante procedere a un periodico aggiornamento della previsione, con cadenza almeno annuale o semestrale, fino al prossimo evento. Gli sviluppi prossimi di questa ricerca comprendono l’applicazione ampia del metodo ad altri siti lungo faglie simili a quella di San Andreas, dove sono avvenuti terremoti ripetitivi di magnitudo significativa, prima di applicarlo con eventuali modifiche a situazioni più complesse come ad esempio le faglie dell’Appennino.

INGV. Inaugurato il Portale dei Dati Aperti per un accesso libero, pieno e tempestivo ai dati,realizzato il Portale dei Dati Aperti prodotti dall’INGV

ROMA – Il patrimonio dal valore inestimabile costituito dalle misurazioni, dai dati delle ricerche e delle relative elaborazioni, frutto del costante lavoro dei ricercatori, tecnologi e tecnici dell’INGV, considerato il più importante istituto di ricerca europeo per la geofisica, la vulcanologia e le geoscienze in generale, diventa oggi facilmente accessibile ed a disposizione di tutta la comunità scientifica e al pubblico.

La ricchezza dei contenuti del Portale lo rende uno strumento utile sia per il mondo scientifico che per tutta la comunità civile. Gli ingegneri, ad esempio, qui potranno reperire facilmente i riferimenti a ITACA, l’archivio che raccoglie le registrazioni strumentali dei più importanti terremoti avvenuti in Italia fin dal 1972, o accedere al Database della Pericolosità Sismica (MPS04) che contiene le stime su cui si basano le Norme Tecniche per le Costruzioni elaborate dal Ministero delle Infrastrutture; oppure, ancora ad esempio, gli storici che nel Portale avranno libero accesso ad informazioni e riferimenti documentali sui più grandi terremoti degli ultimi mille anni ed oltre (con i cataloghi CPTI15, ASMI e CFTI5med), sulle eruzioni dei vulcani italiani e sugli tsunami in area mediterranea (con i cataloghi EMTC e ITED) e, in generale, agli eventi catastrofici che hanno segnato l’evoluzione economica e sociale di intere regioni.

L’apertura del Portale dei Dati Aperti (https://data.ingv.it) è frutto di un lungo percorso iniziato nel 2015. In gergo informatico questo portale viene definito come ‘metadata catalog’ ed è lo strumento chiave attraverso il quale l’INGV promuoverà la condivisione del suo patrimonio conoscitivo.

Il Portale dei Dati Aperti dell’INGV è lo strumento principale promosso dalla Politica dei Dati istituzionale, i cui principi furono formalizzati nel febbraio 2016 anche grazie all’apporto dell’esperienza maturata nell’ambito di EPOS (European Plate Observing System), Infrastruttura di Ricerca europea (ERIC, European Research Infrastructure Consortium) coordinata dall’INGV.

La realizzazione del Portale nasce sui due cardini della Politica dei Dati:’istituzione del ‘Registro Dati’, uno strumento operativo per la catalogazione sistematica dei dati generati dalle molteplici ed articolate attività di ricerca e dalle reti di monitoraggio.

La costituzione dell’Ufficio Gestione Dati a novembre 2018, coordinato da Mario Locati della Sezione di Milano dell’INGV, col compito di realizzare e gestire il Registro Dati, la sua pubblicazione in un portale web e, successivamente, di avvalersi dello stesso per supportare le altre attività di gestione e pianificazione dell’Istituto.

Il Registro Dati contiene informazioni come: la copertura temporale e spaziale, la data di pubblicazione, la versione, il tipo di licenza per la sua fruizione e tutte le altre informazioni collegate ad esso (pubblicazioni scientifiche e relazioni con altri dati). Queste informazioni, definite “metadati”, sono consultabili e scaricabili nei formati standard più diffusi nella comunità scientifica internazionale. A tutela della qualità generale e degli utilizzatori finali, tutte le informazioni pubblicate seguono una validazione tecnico-scientifica. 

La ricerca di dati da parte degli utenti può essere svolta sfruttando tutti i metadati. In particolare, la ricerca può partire anche dal nome degli autori, una scelta progettuale che limita la “spersonalizzazione” dei dati, ovvero la rimozione del collegamento tra i risultati ottenuti dagli studi e le persone che li hanno condotte, riconoscendo ai ricercatori il loro fondamentale contributo. 

Ogni elemento presente nel Portale dei Dati Aperti è chiaramente associato a un identificativo univoco. L’importanza di questi identificativi è strettamente legata alla riproducibilità dei risultati ottenuti, che costituisce la base stessa del metodo scientifico. Tra i diversi fattori che contribuiscono alla riproducibilità di un risultato, un posto importante è infatti occupato dall’individuazione certa dei dati utilizzati, dalla loro qualità, attendibilità e affidabilità.

Inoltre, per rendere ancora più fruibili i contenuti del portale, è anche possibile una consultazione automatizzata tramite l’uso di API (Application Programming Interface), ovvero strumenti standardizzati che permettono a software esterni di inviare richieste e ricevere risposte codificate.

Con il Portale dei Dati Aperti si vuole inaugurare lo strumento informativo per la fruizione dei dati dell’INGV: un tassello finale di un processo lungo e articolato e, al contempo, il primo passo verso una maggiore e più efficiente condivisione con tutti dei risultati della Ricerca del nostro Istituto.

Link INGV utili:

Portale dei Dati Aperti (https://data.ingv.it)

Ufficio Gestione Dati (http://istituto.ingv.it/it/ufficio-gestione-dati)

Dalla Miniera alle Onde Gravitazionali:

Sos Enattos in Sardegna individuato come sito ideale per l’osservatorio ET

Lo straordinario silenzio sismico rende il sito nuorese particolarmente adatto ad ospitare l’osservatorio di onde gravitazionali ideato per lo studio dell’universo 

ROMA – Allo scopo di realizzare un osservatorio di onde gravitazionali di terza generazione, l’’Einstein Telescope – ET,  in grado di osservare i processi cosmici con sensibilità mai raggiunte finora, un team multidisciplinare, guidato da ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e dell’Università degli Studi di Sassari, ha condotto uno studio sulla miniera metallifera ormai dismessa di Sos Enattos in Sardegna, grazie al supporto dell’IGEA S.p.A., società che ora la gestisce. Sos Enattos, che si trova immerso in un paesaggio di rara bellezza nella provincia di Nuoro a breve distanza dal Monte Albo, dichiarato dall’Unione Europea “sito di interesse comunitario” (SIC), è, infatti, il sito italiano candidato ad ospitare il nuovo osservatorio.

Lo studio multidisciplinare, a cui hanno partecipato ricercatori dell’INGV, dell’INFN, delle Università di Sassari, Padova, Sapienza di Roma, “Federico II” di Napoli, del Gran Sasso Science Institute (GSSI) e dell’European Gravitational Observatorydi Pisa, e che aveva l’obiettivo di caratterizzare sismologicamente il sito di Sos Enattos, ha dimostrato la sua piena idoneità ad ospitare ET.

I risultati dello studio “A Seismological Study of the Sos Enattos Area – the Sardinia Candidate Site for the Einstein Telescope” sono stati appena pubblicati sulla rivista internazionale Seismological Research Letters.

Einstein Telescope (ET) sarà uno strumento ad altissima sensibilità che contribuirà in modo decisivo a migliorare la nostra conoscenza dell’universo e dei processi fisici che lo governano. Per questo sarà in grado di svolgere un ruolo chiave a livello mondiale nell’attività di ricerca nel campo delle onde gravitazionali, dal punto di vista sia scientifico sia infrastrutturale.

Pertanto è considerato dalla comunità scientifica europea un progetto strategico ed è sostenuto da diversi Paesi tra cui l’Italia che lo scorso settembre, attraverso il Ministero dell’Università e della Ricerca, lo ha candidato per la prossima Roadmap 2021 di ESFRI European Strategy Forum on Research Infrastructure, il forum strategico europeo che individua quali saranno le future grandi infrastrutture di ricerca su cui investire a livello europeo.

Per operare al meglio delle sue potenzialità, l’osservatorio ET dovrà essere realizzato in un’area geologicamente stabile e scarsamente abitata: le vibrazioni del suolo (di origine sia artificiale che naturale) possono, infatti, mascherare il debole segnale generato dal passaggio di un’onda gravitazionale. I siti candidati ad ospitarlo sono due: la Sardegna con Sos Enattos, appunto, e il Limburgo – regione al confine tra Belgio, Germania ed Olanda.

Caratterizzare sismologicamente un sito”, spiega Carlo Giunchi, ricercatore dell’INGV “significa identificarne il rumore di fondo causato dalle vibrazioni naturali e dall’attività antropica. Abbiamo dunque installato, in collaborazione con l’INFN e l’Università di Sassari, alcuni sismometri presso la miniera di Sos Enattos per analizzare, fin nei valori minimi, l’ampiezza e la frequenza delle vibrazioni e comprenderne le sorgenti principali. Dalle registrazioni effettuate è emerso che ci troviamo in uno dei siti più silenziosi al mondo, caratteristica che lo rende particolarmente adatto per l’installazione del telescopio ET giacché esso solo in tali condizioni massimizza le sue capacità di rilevamento degli eventi cosmici. Inoltre, uno dei sensori installati è entrato a far parte della Rete Sismica Nazionale dell’INGV, che si arricchisce così di una stazione di misura di elevata qualità”.

Lo studio delle onde gravitazionali”, prosegue Luca Naticchioni, ricercatore dell’INFN, “è molto importante perché permette di far luce su fenomeni cosmici come la fusione di sistemi binari di buchi neri e di stelle di neutroni, fornendo informazioni preziose, tanto per la fisica fondamentale quanto per lo studio dell’evoluzione dell’universo. Questi fenomeni, che avvengono a distanze enormi, provocano perturbazioni nel “tessuto” dello spaziotempo che possono essere osservate da terra mediante interferometria laser con rilevatori estremamente sensibili e complessi. Lo studio del sito di Sos Enattos, candidato a ospitare ET, ha coinvolto enti con caratterizzazioni disciplinari differenti ma con interessanti complementarietà, come appunto l’INFN e l’INGV”.

Il passaggio successivo”, aggiunge Domenico D’Urso dell’Università di Sassari, “sarà quello di caratterizzare il sottosuolo del sito in oggetto perché il grande rivelatore di onde gravitazionali sarà costituito da un sistema di gallerie sotterranee disposte a triangolo che ospiteranno degli interferometri laser ad altissima precisione. Queste rilevazioni saranno necessarie per capire come mettere a punto il sistema di gallerie, individuando al contempo le sorgenti del rumore e minimizzare i relativi effetti”.

Prevediamo infine”, conclude Gilberto Saccorotti dell’INGV, “l’installazione di un grande numero di sismometri che, funzionando come un’antenna, permetteranno di misurare le direzioni di propagazione delle onde elastiche che costituiscono il rumore sismico, per comprendere al meglio i fenomeni che lo generano. La collaborazione posta in essere per questo studio ha prodotto una sinergia eccezionale fra i diversi Enti di Ricerca ed Università, fornendo basi solide per un progetto di ampio respiro e di lunga prospettiva quale ET, ed offrendo, tra l’altro, risultati di immediato utilizzo per il monitoraggio sismico attuato costantemente dall’INGV su tutto il territorio nazionale”.